Whitaker

Sulle cose lascio correre, è il mio modo di fingermi asceta. Di solito. Poi se mi impunto, beh, è diverso: ci provo proprio gusto a fare il cagacazzi.

A cinque giorni da una disavventura dal meccanico, ci sono dovuto tornare per il tagliando. La volta prima, quella della disavventura, non gli ho cantato le classiche quattro, ho fatto proprio un miniconcerto live. E, uscendo, ho fatto pure gli occhi torvi, come nella migliore tradizione dei rocchettari maledetti.

Non sapevo che aspettarmi, quindi, ma sapevo che si sarebbero ricordati. Comunque, lascio la macchina e salgo sul taxi per andare in ufficio.

Quando torno a riprendermela, all’accettazione, corrono furtivi gli occhietti di Giada, riparando in quelli di Augusto, l’addetto alla riconsegna. Non riesco nemmeno a salutare e non capisco. In verità, mi agita un po’ la cosa, ma dissimulo, da stronzo consumato.

Qualche secondo e sento la basculante alzarsi, mi affaccio e vedo il muso cattivo e stupendo della mia macchina. Cesare, il titolare, scende molleggiando tanto è contento, come un bambino che ha vinto ai videogiochi, e non riesce a frenare le parole:

«Dotto’, l’ho provata personalmente e per farmi perdonare, l’ho fatta pure lavare!»

Effettivamente, pare illuminata, brilla che nemmeno nuova era così. Lo ringrazio pure io molleggiando e ridendo, sodale, manco me la stesse regalando l’auto.

E nel finale mi dà il pass vip che agguanto al volo: «La prossima volta si rivolga a me, Augusto è meno affidabile.»

Non gli dico che non avrebbe dovuto, che era tutto a posto, le solite smancerie, insomma. Non c’è niente da fare, il muso duro, le parole grosse, la faccia tosta – mia e sua – a volte pagano.

Però l’ho perdonato e apprezzato. Ha recuperato un torto senza ipocrisia e senza servilismo, con l’arte del saper vivere.

#WhitakerAcademy

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